La bici è come il maiale, non si butta via niente. Cuore, fegato, polmone, milza, cervello, animelle, piedini, nervetti e trippa, per la povera gente che non poteva permettersi tagli di carne più pregiati, erano un'ottima risorsa proteica. E per il ciclista da città un bel telaio - in acciaio - del 1986, come questo in foto della Bottecchia, è una splendida base per una bici da tutti i giorni: manubrio dritto o a corna di bue al posto del classico con piega da corsa e il gioco è fatto.
Suggerisco inoltre a) sonello (i.e. campanello) per svegliare i pedoni storditi, a rischio arrotamento, che deambulano distratti aggiornando il loro profilo facebook sulle pubbliche piste anzichè stare sul loro bel marciapiede a pestare deiezioni canine b) pedali con appoggio largo prelevati da altro mezzo (e.g. mtb) c) robusta catena ed abbondante strato di ruggine sul telaio e parti varie come antifurto, se la bici sosta in strada durante la giornata lavorativa.
Inoltre consiglio di lasciare sia doppio freno che cambio: non li ripiangerete se per la strada incontrerete fanatici su scatto fisso oppure nelle gite fuori porta affiancando bici-turisti.
Questo per la città (e via sulle piste), ma il medesimo approccio vale anche per le gare: quando i telai tutto alluminio o misto-carbonio diventano "obsoleti" e la befana ci porta un bel full carbon, ecco che il mezzo da gara diventa una gran bella seconda bici da allenamento
per mano del suo bravo creatore-artigiano Leonardo a Marghera Venezia.
Ed ecco allora che può ritornare a sfrecciare in gara una splendida bici, a sua volta considerata sorpassata dal suo ex proprietario,
con una nuova genesi, ancora una volta operata dallo stesso demiurgo "Zanetti bike".
Così trasformazione e rinascita si perpetuano, in totale armonia induista, per la gioia e la soddisfazione di chi fa andare ancora questi mezzi, in perfetta armonia col pianeta...
(vedi ecoveicoli a propulsione umana).
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